I giorni a bordo della nave Saturnia nell’oceano freddo e agitato non scalfiscono il carattere visionario e determinato del giovane Leonardo, che l’8 dicembre 1950 arriva a New York, dove ad attenderlo c’è lo zio Carmelo.

Quel nome, ereditato dal nonno e portato con orgoglio, diventa improvvisamente troppo complicato, troppo italiano, così che qualcuno pensa di cambiarlo. Era necessario rinunciare a una parte di sé; da quel giorno sarebbe stato Leo.

Inizia a lavorare in una fabbrica di inchiostri, ma ben presto capisce di non essere tagliato per il ruolo da dipendente. Ancora oggi, i suoi occhi piccoli e vispi riescono a guardare oltre, seguono e scrutano attentamente tutto quanto vi è intorno, proprio come era successo nella fabbrica con le formule chimiche per realizzare colori densi e brillanti. Ama definirsi un “chimico empirico”, che da pulitore di tini è diventato leader mondiale nella produzione di vernici e colori concentrati, utilizzati anche dalla NASA.

Un lungo viaggio quello di Leo, un viaggio iniziato con una valigia di cartone in cui c’erano sogni, speranze e grandi ambizioni diventate realtà.

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